... NON SI VERGOGNA DI
CHIAMARCI FRATELLI
Spesso associamo al Natale una parola: “tradizione”. Certo, il
Natale ha le sue “tradizioni” e appartiene alla “tradizione” del nostro popolo. Ma il Natale non è prima di tutto “tradizione”. Il Natale è prima di tutto
“novità”. Mi ha aiutato a compiere questa scoperta una frase del Nuovo
Testamento. La Lettera agli Ebrei – uno scritto della fine del primo secolo, che
presenta Gesù come quel Salvatore fedele e misericordioso di cui l’uomo aveva
bisogno – afferma, tra le altre cose, che lui, Gesù, “non si vergogna di
chiamarci fratelli” (cf.Eb 2,11). Questa frase, così semplice, contiene tutto il
mistero del Natale: Dio decide, in maniera irrevocabile, di farsi nostro
fratello.
Tutti ci rendiamo conto del fatto che il Natale ha una forza, che nessuna altra
festa dell’anno liturgico possiede: è capace di parlare al cuore di tutti, anche
dei più lontani.
Non credo che si tratti semplicemente di una questione di sentimento o di
suggestione, come a volte pensiamo. È lo spirito stesso di questa festa a
sortire in noi questo effetto. Celebrare il Natale significa celebrare il
mistero di un Dio che non se ne sta “in Cielo”, beato fra i cori degli angeli.
Significa celebrare il mistero di un Dio, il cui cuore batte in maniera
appassionata per gli uomini e per la loro storia e si mette in cammino verso di
loro, per incontrarli. Sì, perché a Natale non sono solo Maria e Giuseppe a
mettersi in viaggio verso Betlemme; non sono solo i pastori ad affrettare il
loro passo verso la mangiatoia; non sono solo i magi a muoversi dall’Oriente
dietro la luce di una stella. È prima di tutto Dio che decide di camminare
incontro all’uomo, sulle strade dell’uomo, per raggiungerlo là dove egli si
trova.
E questa notizia viene ad essere un vero e proprio “vangelo” per la nostra vita,
un “buon annuncio” per ogni uomo. Infatti, se ti rendi conto di essere incapace
di perdono,
Lui non si vergogna di chiamarti fratello. Se ti sei accorto di aver tradito la
fiducia della persone che ami, Lui non si vergogna di chiamarti fratello. Se hai
nascosto la tua vita sotto il velo della menzogna, Lui non si vergogna di
chiamarti fratello. Se hai perso la speranza, Lui non si vergogna di chiamarti
fratello. Se, per la noia, hai fatto di tutto per anestetizzare la tua vita ed
evadere da essa, Lui non si vergogna di chiamarti fratello.
Se ti sei accorto di aver fatto del lavoro, del denaro, del piacere l’unico
criterio della tua esistenza, Lui non si vergogna di chiamarti fratello. Se hai
deciso, fino ad oggi, di vivere senza di Lui, Lui non si vergogna di chiamarti
fratello. Là dove noi proviamo vergogna di noi stessi, lui non si vergogna di
chiamarci fratelli.
Ci viene incontro, per invitarci a fare un po’ di strada con
Lui, a partire da quel punto esatto in cui ci troviamo, come è accaduto a Maria
e a Giuseppe, ai pastori, ai magi. E ci invita a fare un po’ di strada con Lui,
perché Lui, il Figlio di Dio, vuole farsi nostro fratello, vuole farci
condividere la sua esperienza di “famiglia”, quella che ha vissuto nella
Trinità: l’amore del Padre, nello Spirito.
La novità del Natale sta quindi in questo: il Figlio di Dio, come un pastore
premuroso, ci viene a cercare, scende nei crepacci della nostra storia, mette le
sue mani tra i rovi che soffocano la nostra vita e non si dà pace finché non ci
ha trovato, perché lui non può vivere senza di noi e, soprattutto, non può
vivere senza regalare ad ognuno di noi la sua esperienza di “famiglia”, senza
chiamarci fratelli. Celebrare il Natale significa, quindi, celebrare il mistero
di un Dio che ogni anno, ogni giorno, lascia il suo “Cielo” per camminare sulla
nostra terra, raggiungerci là dove siamo, liberarci dalle nostre paure, dai
nostri blocchi, per regalarci un nuovo inizio, una vita nuova.
Buon Natale!
don Federico
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