Una lettera del papa
ai parroci e a tutti i preti
Il 4 agosto è la memoria di San Giovanni Maria Vianney, il curato
d'Ars, patrono dei parroci. Ricorreva quest'anno il 160°
anniversario dalla morte, e il papa Francesco ha voluto indirizzare
ai parroci e ai preti una bellissima lettera, di cui
trovate qui sotto alcuni stralci.
Dice il papa: "Come fratello
maggiore e padre voglio ringraziarvi a nome del santo Popolo fedele
di Dio per tutto ciò che riceve da voi". Ci uniamo al papa in
questo riconoscente ringraziamento a tutti i nostri parroci e a
tutti i nostri preti.
Il testo completo della lettera si trova sul sito del Vaticano
a questo link
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LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI SACERDOTI
IN OCCASIONE DEL 160° ANNIVERSARIO DELLA MORTE
DEL SANTO CURATO D'ARS Ai miei
fratelli presbiteri.
Cari fratelli,
ricordiamo il 160° anniversario della morte del santo Curato d'Ars,
proposto da Pio XI come patrono di tutti i parroci del mondo. Nella
sua festa voglio scrivervi questa lettera, non solo ai parroci ma
anche a tutti voi, fratelli presbiteri, che senza fare rumore
“lasciate tutto” per impegnarvi nella vita quotidiana delle vostre
comunità. A voi che, come il Curato d’Ars, lavorate in “trincea”,
portate sulle vostre spalle il peso del giorno e del caldo (cfr Mt
20,12) e, esposti a innumerevoli situazioni, “ci mettete la faccia”
quotidianamente e senza darvi troppa importanza, affinché il Popolo
di Dio sia curato e accompagnato. Mi rivolgo a ciascuno di voi che,
in tante occasioni, in maniera inosservata e sacrificata, nella
stanchezza o nella fatica, nella malattia o nella desolazione,
assumete la missione come un servizio a Dio e al suo popolo e, pur
con tutte le difficoltà del cammino, scrivete le pagine più belle
della vita sacerdotale.
Qualche tempo fa ho manifestato ai Vescovi italiani la
preoccupazione che, in non poche regioni, i nostri sacerdoti si
sentono ridicolizzati e “colpevolizzati” a causa di crimini che non
hanno commesso e dicevo loro che essi hanno bisogno di trovare nel
loro vescovo la figura del fratello maggiore e il padre che li
incoraggi in questi tempi difficili, li stimoli e li sostenga nel
cammino.
Come fratello maggiore e padre anch’io voglio essere vicino, prima
di tutto per ringraziarvi a nome del santo Popolo fedele di Dio per
tutto ciò che riceve da voi e, a mia volta, incoraggiarvi a
rinnovare quelle parole che il Signore ha pronunciato così
teneramente nel giorno della nostra ordinazione e costituiscono la
sorgente della nostra gioia: «Non vi chiamo più servi ... vi ho
chiamato amici» (Gv 15,15). (…)
GRATITUDINE
«Continuamente rendo grazie per voi» (Ef 1,16).
Fratelli, grazie per la vostra fedeltà agli impegni assunti. È
veramente significativo che, in una società e in una cultura che ha
trasformato “il gassoso” in valore ci siano delle persone che
scommettano e cerchino di assumere impegni che esigono tutta la
vita. Sostanzialmente stiamo dicendo che continuiamo a credere in
Dio che non ha mai rotto la sua alleanza, anche quando noi l’abbiamo
infranta innumerevoli volte. Questo ci invita a celebrare la fedeltà
di Dio che non smette di fidarsi, credere e scommettere nonostante i
nostri limiti e peccati, e ci invita a fare lo stesso. Consapevoli
di portare un tesoro in vasi di creta (cfr 2 Cor 4,7), sappiamo che
il Signore si manifesta vincitore nella debolezza (cfr 2 Cor 12,9),
non smette di sostenerci e chiamarci, dandoci il centuplo (cfr Mc
10,29-30) perché «eterna è la sua misericordia».
Grazie per la gioia con cui avete saputo donare la vostra vita,
mostrando un cuore che nel corso degli anni ha combattuto e lottato
per non diventare angusto ed amaro ed essere, al contrario,
quotidianamente allargato dall’amore di Dio e del suo popolo; un
cuore che, come il buon vino, il tempo non ha inacidito, ma gli ha
dato una qualità sempre più squisita; perché «eterna è la sua
misericordia».
Grazie perché cercate di rafforzare i legami di fraternità e di
amicizia nel presbiterio e con il vostro vescovo, sostenendovi a
vicenda, curando colui che è malato, cercando chi si è isolato,
incoraggiando e imparando la saggezza dall’anziano, condividendo i
beni, sapendo ridere e piangere insieme…: come sono necessari questi
spazi! E persino rimanendo costanti e perseveranti quando avete
dovuto farvi carico di qualche ardua missione o spingere un fratello
a prendersi le proprie responsabilità; perché «eterna è la sua
misericordia».
Grazie per la testimonianza di perseveranza e “sopportazione”
nell’impegno pastorale, il quale tante volte, mossi dalla parresia
del pastore, ci porta a lottare con il Signore nella preghiera, come
Mosè in quella coraggiosa e anche rischiosa intercessione per il
popolo (cfr Nm 14,13-19; Es 32,30-32; Dt 9,18-21); perché «eterna è
la sua misericordia».
Grazie perché celebrate quotidianamente l'Eucaristia e pascete con
misericordia nel sacramento della riconciliazione, senza rigorismi
né lassismi, facendovi carico delle persone e accompagnandole nel
cammino della conversione verso la nuova vita che il Signore dona a
tutti noi. Sappiamo che attraverso gli scalini della misericordia
possiamo scendere fino al punto più basso della condizione umana
–fragilità e peccato inclusi– e ascendere fino al punto più alto
della perfezione divina: «Siate misericordiosi come è misericordioso
il Padre vostro». E così essere «capaci di riscaldare il cuore delle
persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e
anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi»;
perché «eterna è la sua misericordia».
Grazie perché ungete e annunciate a tutti, con ardore, “nel momento
opportuno e non opportuno” il Vangelo di Gesù Cristo (cfr 2 Tm 4,2),
sondando il cuore della propria comunità «per cercare dov’è vivo e
ardente il desiderio di Dio, e anche dove tale dialogo, che era
amoroso, sia stato soffocato o non abbia potuto dare frutto» (Evangelii
Gaudium, 137); perché «eterna è la sua misericordia».
Grazie per tutte le volte in cui, lasciandovi commuovere nelle
viscere, avete accolto quanti erano caduti, curato le loro ferite,
offrendo calore ai loro cuori, mostrando tenerezza e compassione
come il Samaritano della parabola (cfr Lc 10,25-37). Niente è così
urgente come queste cose: prossimità, vicinanza, essere vicini alla
carne del fratello sofferente. Quanto bene fa l'esempio di un
sacerdote che si avvicina e non si allontana dalle ferite dei suoi
fratelli!. Riflesso del cuore del pastore che ha imparato il gusto
spirituale di sentirsi uno con il suo popolo; che non dimentica di
essere uscito da esso e che solo servendolo troverà e potrà spiegare
la sua più pura e piena identità, che gli consente di sviluppare uno
stile di vita austero e semplice, senza accettare privilegi che non
hanno il sapore del Vangelo; perché «eterna è la sua misericordia».
Ringraziamo anche per la santità del Popolo fedele di Dio che siamo
invitati a pascere e attraverso il quale il Signore pasce e cura
anche noi con il dono di poter contemplare questo popolo «nei
genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e
nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati,
nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa
costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della
Chiesa militante» (Gaudete et exsultate, 7). Rendiamo grazie per
ognuno di loro e lasciamoci soccorrere e incoraggiare dalla loro
testimonianza; perché «eterna è la sua misericordia».
(…)
LODE
«L’anima mia magnifica il Signore» (Lc 1,46).
Fratelli, ancora una volta, «continuamente rendo grazie per voi» (Ef
1,16) per la vostra dedizione e missione con la certezza che «Dio
rimuove le pietre più dure, contro cui vanno a schiantarsi speranze
e aspettative: la morte, il peccato, la paura, la mondanità. La
storia umana non finisce davanti a una pietra sepolcrale, perché
scopre oggi la “pietra viva” (cfr 1 Pt 2,4): Gesù risorto. Noi come
Chiesa siamo fondati su di Lui e, anche quando ci perdiamo d’animo,
quando siamo tentati di giudicare tutto sulla base dei nostri
insuccessi, Egli viene a fare nuove le cose» (Omelia Veglia Pasquale
nella Notte Santa, 20 aprile 2019).
Lasciamo che sia la gratitudine a suscitare la lode e ci incoraggi
ancora una volta alla missione di ungere i nostri fratelli nella
speranza. Ad essere uomini che testimoniano con la loro vita la
compassione e la misericordia che solo Gesù può donarci.
Il Signore Gesù vi benedica e la Santa Vergine vi custodisca. E, per
favore, vi chiedo di non dimenticare di pregare per me.
Fraternamente, Francesco
Roma, presso San Giovanni in Laterano, 4 agosto 2019.
Memoria liturgica del santo Curato d’Ars.
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