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LA PARROCCHIA DI SABBIUNO DI PIANO

 

CENNI STORICI DAL SEC. XII AL SEC. XIX

Dal secolo XII appare per la prima volta il nome «SABLUNUM» (=luogo sabbioso) certamente in stretta relazione con la sabbia giallognola che spessissimo qui si trova in strato abbastanza alto sotto la terra: sabbia che fu trasportata molti secoli fa dalle inondazioni dei numerosi torrenti che scendevano dalle colline.

Da tempo si dice «Sabbiuno di Piano» per distinguere questa parrocchia da quella soppressa nel 1986 che veniva chiamata «Sabbiuno di Monte», situata in comune di Bologna nelle vicinanze di Paderno.

A Sabbiuno c’era sicuramente già la chiesa nel secolo XII; non sappiamo se già allora avesse cura d’anime. Da documenti certi veniamo a conoscenza che nel 1245 era già dedicata alla Madonna Assunta ed era già parrocchia.

Allora aveva un territorio molto meno esteso dell’attuale: comprendeva infatti solamente la zona a nord della Chiesa; la zona a sud, verso Bologna, era divisa in due parrocchie: S. Maria Maddalena (della cui chiesa ignoriamo l’ubicazione) e S. Biagio la cui sede era l’oratorio che vediamo ancora oggi sulla via Saliceto.

Sabbiuno, come le altre due ora inglobate, faceva parte della «Pieve» di S. Marino.

Le pievi erano le parrocchie più antiche di una diocesi; da queste pievi, quando il numero dei cristiani raggiungeva una certa consistenza, si staccavano intere zone che formavano altre parrocchie.

Queste parrocchie nuove conservavano dei doveri verso la chiesa madre e verso il loro parroco (che veniva detto «arciprete», cioè «vecchio prete»): dovevano dare ogni anno un modesto contributo e si dovevano portare i bimbi a battezzare a quel fonte battesimale (a Sabbiuno si cominciò a battezzare solo nel 1809: prima si andava ordinariamente o a S. Marino o in cattedrale). Il «pievano» aveva il diritto/dovere di fare spesso la visita alle nuove parrocchie per rilevare lo stato in cui si trovavano spiritualmente sia negli aspetti materiali (edifici, arredi, sacri, ecc.). Anche per la storia di Sabbiuno sono preziosi i resoconti delle visite plebanali conservati nell’archivio parrocchiale di S. Marino.

Non sappiamo come siano stati i primi parroci di Sabbiuno; certo è che le prime notizie che abbiamo riguardanti i parrocchiani non sono davvero confortanti.

Nei secoli XIII/XV, come è documentato dall’archivio di Stato, a Sabbiuno furono molti gli episodi di violenza: con Castagnolo Maggiore gli abitanti di Sabbiuno dividevano il primato della delinquenza fra tutte le parrocchie della pieve di S. Marino.

Così il secondo parroco della Parrocchia, il presbitero Bencivenne, intorno al 1292 venne ferito da quattro persone di Sabbiuno.

Nel 1294 un certo  Baldino di Sabbiuno, con altre tre persone anch’esse della Parrocchia, entrò nella  Chiesa  di
S. Maria Assunta con un coltello e infierì crudelmente contro un certo Bonisino mentre assisteva alla Messa provocando trambusto e confusione per cui il prete dovette sospendere il rito.

Nel 1298 tre giovinastri di Sabbiuno lungo la strada che conduceva a Castagnolo Maggiore aggredirono una certa Coasia: l’annuncio del processo avvenne al suono della campana. Nello stesso anno altre due aggressioni sono ricordate a Sabbiuno, di cui una dentro al cimitero.

Negli anni 1293/1298 la chiesa fu rimessa in buono stato dal Senato di Bologna e in quegli anni c’erano diversi «chierici» che facevano vita comune col parroco.

Gli anni che vanno dal 1350 al 1500 circa sono molto critici per le nostre terre. Epidemie, frequenti grandinate che distruggevano

i raccolti, passaggio continuo di soldatesche avevano diffuso una grande povertà; erano scomparsi tanti piccoli villaggi e tanti insediamenti sparsi in mezzo alla campagna.

Forse furono proprio questi i motivi che determinarono l’unione della parrocchia di S. Maria Maddalena di Saliceto con Sabbiuno nel corso del XV secolo (nell’anno 1600 anche la chiesa era già stata completamente demolita) e nella seconda metà del secolo XVI la stessa sorte ebbe anche S. Biagio di Saliceto.

Questa grave situazione di povertà ebbe naturalmente conseguenze anche sulla conservazione della chiesa parrocchiale. Non possediamo nessuno riscontro sulle condizioni dell’edificio sacro per i secoli XIV e XV, ma dalla metà del XVI secolo abbiamo molte relazioni di visite pastorali dei vescovi e plebanali dell’arciprete di S. Marino che ci danno un quadro esatto della situazione.

Il 29 ottobre 1554 il vescovo Campeggi nella sua relazione nota che la chiesa «minaccia rovina», che è necessario edificarne una nuova «dalle fondamenta»; l’anno seguente, in un’altra visita, si annota che il parroco D. Galeazzo Ghini (1540-1597) ha già provveduto ad iniziare l’opera di ricostruzione; nel 1565 la nuova chiesa era già ultimata: piccola, ma bella. Aveva quattro altari laterali e la sacrestia ben fornita di armadi e di arredi sacri.

Anche la canonica era stata riedificata dallo stesso D. Ghini.

I parrocchiani vengono lodati per la loro bontà (tutti quelli tenuti alla confessione si erano confessati!), il parroco risiede continuamente in parrocchia, possiede moltissimi libri, gode della stima dei parrocchiani.

Un’altra interessante relazione è quella dell’arciprete di S. Marino in data 16 maggio 1685 da cui impariamo che l’altar maggior è di pietra, il tabernacolo è ben ornato e vi arde perennemente la lampada del SS. Sacramento; dietro l’altare c’è il coro; c’è il campanile con due campane; ci sono quattro altari minori dedicati alla B. Vergine del Rosario, alla B. Vergine del Carmine, a S. Marcellino, a S. Giuliana de’ Banzi. Il cimitero accanto alla chiesa è ben tenuto e ben chiuso; c’è la Compagnia del SS. Sacramento; ci sono parecchie reliquie di cui la principale è quella di S. Marcellino di cui la parrocchia celebra la festa il 2giugno.

Nel corso del 1700 la chiesa andò soggetta a parecchi abbellimenti: l’altar maggiore fu rifatto in marmo (era allora l’unico della pieve in marmo); gli altari laterali furono abbelliti con quei paliotti di scagliola policroma che ancora oggi vediamo, le campane furono tre e poi quattro. Nel 1776 fu fatto costruire l’organo (ancor oggi esistente) dal famoso artista Domenico Maria Gentili da Medicina, furono acquistati parametri ed arredi sacri di notevole valore. Alcune di queste cose furono possibili grazie al concorso della famiglia Pizzardi che alla fine del 1700 si era insediata al Castello e all’attività del Parrocco D. Carlo Leoni (1768-1804) che utilizzò nei restauri alla chiesta anche l’eredità lasciata alla chiesta stessa da D. Antonio Codini morto nel 1763.

Negli ultimi anni del 1700, poiché la cappella maggiore non era in buone condizioni, si decise di abbatterla e di ricostruirla dalle fondamenta:  fu poi in seguito dotata del bel quadro dell’Assunta (1835) opera del pittore bolognese Vincenso Rasori, offerto dal marchese Camillo Pizzardi. Da tre secoli ormai resistevano il corpo della chiesa e il campanile. Nella seconda metà dell’ottocento erano già tanto fatiscenti le strutture che ogni riparazione si presentava assai difficile. Il Parroco D. Carlo Evangelisti sollecitato dall’autorità religiosa e dall’autorità civile provvide a rifare nel 1890 tutto il corpo della chiesa (ultimato nel 1891), mentre nel 1889 il nuovo campanile era già stato completato. Il Comune partecipò alla spesa con L. 10.000; tutto il resto fu racimolato fra i parrocchiani; i contadini e i proprietari si tassarono per ogni tornatura di terra, offrirono gran parte del legname e provvidero a far gratuitamente tutti i trasporti dei materiali.

La chiesa fu ricostruita più lunga, più larga, più alta della precedente. Ciò fu possibile perché il cimitero parrocchiale, già attiguo alla chiesa, circa nel 1875 era stato spostato a nord (prima in una piccola area, poi ampliata nel 1889) e il campanile era stato ricostruito una decina di metri più a sud della sua primitiva posizione.

La cappella maggiore, ricostruita un secolo prima, non fu abbattuta; sarà rifatta nel 1924.
 

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